La Cassazione: asili nido non in condominio
Asili nido vietati in condominio se il regolamento contrattuale impedisce lo svolgimento di attività rumorose nelle unità immobiliari che compongono l’edificio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione seconda, con la recente sentenza n. 24958 dello scorso 6 dicembre 2016, con la quale sono state confermate le precedenti sentenze di merito del tribunale e della Corte di appello di Roma. Nella specie — informa Italia Oggi — l’assemblea di un condominio aveva deliberato di vietare a un condomino la continuazione dell’attività di asilo nella propria unità immobiliare sita al primo piano dello stabile, richiamandosi alla vigenza di una disposizione regolamentare che impediva lo svolgimento di attività rumorose. Il condomino aveva allora impugnato la delibera dinanzi al tribunale capitolino e il condominio si era ritualmente costituito in giudizio per mezzo del proprio amministratore, chiedendo il rigetto dell’impugnativa e, in via riconvenzionale, l’ordine di chiusura dell’asilo nido. Il Tribunale, espletata una consulenza tecnica d’ufficio per l’accertamento del grado di rumorosità dell’attività esercitata nell’immobile, aveva dichiarato la legittimità della delibera impugnata e, in accoglimento della domanda riconvenzionale azionata dal condominio convenuto, aveva ordinato al proprietario dell’appartamento di far cessare immediatamente la predetta attività, in quanto esercitata contrariamente a quanto previsto dal regolamento condominiale di natura contrattuale. La sentenza era stata allora impugnata dinanzi alla Corte di Appello, che aveva a sua volta confermato la legittimità della decisione assembleare. Quest’ultimo provvedimento era stato quindi portato all’esame della Cassazione. Nella sentenza in questione — continua Italia Oggi — i giudici di legittimità hanno ritenuto di essere stati impropriamente chiamati a valutare nel merito la decisione assunta dalla Corte di Appello capitolina, con particolare riferimento all’interpretazione del regolamento condominiale. La seconda sezione civile della Cassazione ha infatti ricordato come l’interpretazione dei contratti costituisca attività riservata ai giudici di merito e sia censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei relativi criteri legali previsti dagli artt. 1362 ss. del codice civile ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.
